Islam e modernità: perché tanti morti per un film?

Le recenti ondate di violenza in tutto il mondo islamico hanno preoccupato e sbalordito l’intero “mondo occidentale”. Le scintille che hanno innescato il tutto sono state prima la diffusione del film satirico “L’innocenza dei musulmani” ed in seguito la pubblicazione di una vignetta apparsa sul settimanale francese Charlie Hebdo. I quattro morti dell’ambasciata statunitense in Libia hanno fatto rivivere agli americani la stessa paura del terrorismo che aveva travolto la popolazione dopo l’undici settembre.

Questi gravi avvenimenti sono ancor più spaventosi perché di fatto risultano quasi totalmente oscuri alla maggioranza dei lettori. Si hanno notizie riguardanti i fatti, i luoghi e le dinamiche degli attacchi e delle violenze, ma l’enorme tema che cerca di trovare una risposta al tradizionale “Who and Why?” è stato lasciato in disparte dalla maggior parte dei media. Si sono utilizzate delle macrocategorie per non entrare nel merito dei gruppi politici in rivolta, oltre che delle reazioni interne al mondo arabo durante e dopo questi avvenimenti. Per lo più ci si è nascosti dietro il termine sempre più ambiguo di “fondamentalisti”, sottolineando come il tutto sia perfettamente riconducibile ad una semplice questione religiosa.

Sono davvero pochi i mezzi di comunicazione che hanno tentato di dare una visione basata su di un’interpretazione socio-politica dei fatti, senza accontentarsi della facile risposta data dall’intolleranza di alcuni movimenti islamisti. Quest’ondata di violenza di tale portata non può essere compresa, ne valutata nella sua complessità, se non viene inquadrata in un contesto molto particolare. Questo è l’odierno Medio Oriente, di cui la popolazione nazionale sa mediamente poco, sorto ( e in parte è ancora in costruzione ) dalle ceneri dei diversi regimi autoritari spazzati via dalle rivoluzioni della primavera dello scorso anno. Un intero universo di partiti politici, movimenti popolari e gouvernance si è scontrato, e tuttora si scontra, su temi di ordine politico, identitario e religioso. In realtà il dibattito è decisamente più ampio di quanto non si tenda a credere.

La centralità delle domande “Chi è l’islamico? E come egli e la Umma ( insieme della comunità dei fedeli ) devono comportarsi di fronte all’occidente” è fondamentale. Dalle differenti risposte identitarie di ciascun gruppo dipendono poi le scelte politiche. L’islam è una religione/mondo, tanto ampia da non poter essere in alcun modo scissa dalla politica, ne dalla vita quotidiana, pena un assimilazione sconsiderata, ed imposta, di valori propri del mondo occidentale. Il tentativo di omologare la diversità culturale che tanto spaventa, non è altro che un tentativo di controllo, per ridurre il tutto a schemi conosciuti. Un senso di totale inadeguatezza ha pervaso per lungo tempo tutto il Medio Oriente arabo stritolato nella vorace morsa di un colonialismo aggressivo e con enormi mezzi per mantenere il controllo politico ed economico su vaste aree.

Il confronto evidenziava un’enorme disparità e si è sentito il bisogno di una riforma radicale della società islamica. Si parla di una via islamica alla modernità. Molti teorici occidentali hanno tentato diverse volte di imporre una via per modernizzare l’islam, il processo opposto, per eliminare alla radice la diversità culturale. Questi tentativi si scontrano con il diritto dei paesi musulmani all’autodeterminazione.

Esistono invece diverse correnti ideologiche che hanno dato vita a gruppi autoctoni con scopi e politiche differenti. I principali sono: Il Salafismo, il Wahabbismo e la Fratellanza Musulmana. Il primo gruppo trova le sue basi ideologiche nelle teorie politiche di al-Afghani ( intellettuale sudanese di fine ottocento ), che con il suo movimento riformatore voleva restaurare la comunità della Medina di Maometto. Il termine “Salaf” rimanda all’esempio dei fedeli originali, formando così un discorso identitario basato sull’antica eredità di questi padri fondatori della Umma. I discepoli del Salafismo osservano con estrema cura ogni legge della “sharia” ( legge coranica ), per assomigliare il più possibile al loro ideale comunitario. Questo modo d’intendere l’islam è sempre più diffuso perché può contare su molteplici appoggi per lo più provenienti dall’Arabia Saudita.

Sempre da quest’ultima regione geografica arriva il movimento Wahabbita, che mira ad una riforma dell’islam tramite un monarca che imponga al resto della popolazione il proprio volere. Anch’esso enfatizza l’osservanza della legge coranica, ma la differenza sta nelle modalità di riforma. Entrambe queste correnti puntano ad una manifestazione dell’islam che si cura molto dell’aspetto esteriore e formale della comunità. In queste due ideologie viene volutamente trascurato gran parte dell’interpretazione etico-morale profonda, data dalle scuole coraniche più moderate.

Lo scopo di queste correnti è di contrapporre all’occidente due identità forti e il più possibile “pure”, che non vogliono scendere a compromessi con la visione del mondo predominante. Questo tipo di ideologie hanno in realtà molti debiti con lo stile di vita occidentale, di cui vorrebbero costituire l’esatta opposizione. Come in una sorta di strana “sindrome di Stoccolma” hanno acquisito modelli derivati da numerosi anni di dominazione coloniale.

I gruppi fin qui descritti sono quelli che hanno fomentato ed attuato le violenze in tutto il mondo islamico. L’attacco all’occidente che “infama l’islam” è da contestualizzare all’interno di dinamiche d’opposizione identitaria chiamate in causa da un risentimento anticoloniale vecchio di secoli, che, grazie ad un neocolonialismo sempre più vorace, sta riemergendo con nuova forza.

Totalmente differenti sono state le reazioni della Fratellanza Musulmana, la quale ha detto di non scendere in piazza a manifestare il proprio dissenso, e di un’altra macrocategoria detta “islam moderato”. La prima ideologia punta ad una riforma in senso islamico che parta dalle fondamenta del sociale, dalle categorie più umili, per arrivare ad avere un avvenire più equo per tutti. Si fa appello ad un identità islamica che punta più su una moralità profonda, che segue l’interpretazione coranica opposta a quella del Salafitismo. Il movimento è molto frammentato al suo interno e vi sono diverse opinioni discordanti, ma le linee guida sono simili per tutti. Quanto all’islam moderato, vi è stato un generale appello al buon senso, ripreso anche dal gran Mufti sunnita.

L’islam scalcia per trovare una sua propria via alla modernità e alla convivenza, tutt’altra cosa rispetto all’assimilazione o all’integrazione di cui si parla molto. L’occidente è pronto a lasciar correre? O la paura di un ritorno di fiamma, dopo anni di continuo sfruttamento e dominio, prevarrà sul tanto declamato diritto all’autodeterminazione dei popoli?

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