La situazione dei cani randagi in Europa

cani randagi

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Credits image: Fanpage.it

Una storia che va avanti da troppo tempo, in qualsiasi paese dell’Europa, e non solo; milioni di cani randagi sono ogni giorno vittime di una situazione insostenibile fatta di sopravvivenza a qualsiasi costo, anche quello di diventare i mostri che non sono mai stati in realtà.

Questa triste e dura verità deve essere affrontata da tutti noi senza pensare che sia un’emergenza di un altro paese, lontano da noi; è una storia vera e vicina, che riguarda alcuni dei paesi più industrializzati e all’avanguardia in materia di riciclaggio e bassi consumi energetici, ma che non riescono nemmeno a monitorare e censire il numero di trovatelli sul loro territorio.

Un’emergenza senza nome, senza numeri

La vera e propria tragedia è l’assenza di numeri a cui riferirsi mentre si contano le stragi di randagi; mentre alcuni paesi, come il Canada per esempio, dispongono di un elenco completo di statistiche che controllano l’aumento o la diminuzione degli abitanti a 4 zampe delle strade delle città, altri paesi, con in testa Ucraina e Romania, contano a stento i branchi di randagi che si muovono tra le vie delle loro capitali.

Sembra poi che, anche se stime esatte non siano state fatte, detengano il primato europeo di presenza di cani e gatti senza famiglia, superati forse su scala mondiale da India e Indonesia.

Una situazione insostenibile anche per i cittadini, è chiaro; chi vuole aiutare si trova con le spalle al muro, i branchi di cani sono sempre più grossi e sempre più affamati, spinti ad aggredire a volte, per fame o per paura. Questa situazione di squilibrio ha portato alle lamentele dei cittadini, che si sono schierati su vari fronti.

Se guardiamo al caso dell’Ucraina, finito sotto i riflettori soprattutto durante gli Europei 2012 (qui il Corriere ne parla in modo approfondito): è dal 2010 che la strage non si ferma, e anche i cittadini hanno vestito i panni di spietati dog hunters creando scompiglio e scandalizzando l’opinione pubblica, tanto che anche le massime cariche italiane, in quegli anni, chiesero alle autorità ucraine di fermare questa barbarie e di prendere dei provvedimenti differenti.

Anche la Romania è al centro di lamentele e problemi diversi; solo nel 2013 si sono stimate purtroppo circa 1000 aggressioni a cittadini di Bucarest, una delle quali terminata anche in tragedia. Questo terribile episodio ha portato a una presa di coscienza sbagliata, in quanto l’allora presidente Traian Băsescu dichiarò che fosse a norma di legge praticare “eutanasia” sui randagi in strada, in qualsiasi modo (questo non fu esplicitamente aggiunto, ma purtroppo carpito dalla popolazione) per difendersi da una barbarie senza tempo.

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Campagne di sterilizzazione dei cani randagi e sensibilizzazione di massa

Queste drastiche forme di difesa, contro animali spaventati e molte volte vittime in prima persona di soprusi, del freddo e della fame, ha scatenato un moto di scontento immaginabile da parte dei governi di altri paesi, ma anche delle associazioni animaliste, impegnatissime ma che faticano a farsi strada tra persone che vedono la soppressione come unica soluzione.

Alcune di queste associazioni, come save the dogs, si impegnano giorno e notte per portare aiuto in prima persona e portando avanti campagne di condivisione e sensibilizzazione. Ma non è mai abbastanza e bisogna spingere la politica di questi paesi. Non solo (purtroppo anche l’Italia non è lontana da un forte fenomeno di randagismo) a portare avanti campagne di adozione, eliminando i cosiddetti “allevamenti” affinché si smetta di guardare alla purezza della razza ma si pensi a salvare un piccolo amico, ma soprattutto diffondendo il credo nella sterilizzazione che potrebbe portare alla risoluzione pacifica di una difficile convivenza.

Ricordate che adottare è sempre la mossa giusta, è un po’ come ristabilire l’ordine dell’Universo; probabilmente queste sono tutte credenze, ma la natura premia colui che la difende. Proteggere il mondo è un mestiere troppo complicato per essere fatto solo da pochi.

 

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