Ucraina in fiamme, è guerra civile

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Kiev “Chiusa per Rivoluzione”

Continuano gli scontri a Kiev, quelle che dovevano essere manifestazioni per l’Europa si stanno trasformando in una vera e propria guerra civile: da una parte i manifestanti, dall’altra la polizia, da una parte i filorussi, dall’altra i filoeuropei. Ma la divisione non è così facile: non lo è mai del resto, quando a sparare sono concittadini contro concittadini. La piccola borghesia, la gente ‘normale’ scende in piazza a dare manforte ai ribelli: donne e uomini di tutte le età, pensionati, commercianti che hanno abbassato le saracinesche (“Chiuso per Rivoluzione”) e si rimboccano le maniche: alcuni improvvisano barricate, altri spaccano il manto stradale per farne munizioni. «Non pensavo di essere governato da assassini. Ora ci sono anch’io a combattere, hanno un nemico in più» commenta un anziano signore. E’ l’opinione di molti: perfino alcuni agenti della polizia sono passati ‘dall’altra parte’ della barricata, soprattutto nelle provincie occidentali, dove dilaga la protesta, alimentata da un antico sentimento antirusso. E’ anche l’opinione del sindaco di Kiev, che si è dimesso dopo aver visto la sua città bruciare:

«Nessun potere vale un bagno di sangue»
Volodimir Makeienko

Piazza Majden, una delle piazze più belle d’Europa, è un campo di battaglia: i morti rimangono sulla strada, uomini e donne a cui nessuno ha chiuso gli occhi; cento, forse di più, inclusi manifestanti, agenti della polizia, giornalisti. Si spara perfino sulla Croce Rossa, fuor di metafora: «Infami. Avevamo curato anche i poliziotti e ora sparano su di noi» Aveva twittato Olesya, l’infermiera simbolo della rivoluzione, che pochi minuti dopo verrà colpita da un proiettile alla gola. Un altro tweet, l’ultimo, «Sto morendo», che aveva fatto il giro del mondo. Ma Olesya non è morta. Lotta per la vita in ospedale, e fuori, è già un’eroina. A cui hanno promesso vendetta.
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L’appello (tardivo) del mondo.

Forse nessuno si è accorto in tempo della gravità della situazione. Questo paese spaccato fra la Russia e l’Europa, fra cattolici e ortodossi, un ponte in fiamme sul punto di crollare. I ministri degli Esteri francese, tedesco e polacco sono a colloquio con il presidente Yanukovich, che però non ha intenzione di cedere e rassegnare le dimissioni: sono riusciti a malapena a strappare l’anticipazione delle elezioni previste per il prossimo anno. L’UE ha finalmente varato le sanzioni contro i responsabili del massacro in Ucraina, ma la lista non è ancora resa pubblica. Bisogna tener presente delle frange estremiste che si sono infiltrate fra le fila dei manifestanti, ma la prima responsabilità ricade direttamente sul presidente e sulle autorità ucraine. Si continua freneticamente a cercare una via diplomatica per far cessare le violenze: la cancelliera Merkel ha cominciato un frenetico giro di consultazioni, prima Putin, poi Obama. Da Roma arriva anche l’accorato appello del Papa per la pace.
«Le sanzioni sono un passo importante, ma andava fatto molto prima» Commenta Eugenia Timoshenko, figlia dell’ex ministro Yulia, la ‘pasionaria’ della rivoluzione ucraina ora in carcere.

«Bisogna rimettere in moto la politica, per evitare una guerra civile. Dobbiamo andare a nuove elezione, dare un nuovo governo democratico che tenga unito il paese. L’Europa ci sia vicina»Eugenia Timoshenko

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