Seul, un paese sotto “doppio” attacco

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Un’auto esportata per ogni singolo abitante della Corea del Sud, neonati compresi. È questa la pietra miliare raggiunta in questi giorni dal gruppo Hyundai, che ha imbarcato su una nave la sua vettura numero 50 milioni. Proprio mentre la penisola appare al mondo come sinonimo di pericoli e potenziali attacchi, l’industria sudcoreana ha celebrato un traguardo simbolico del suo successo nell’assalto ai mercati internazionali.

Hyundai mezzo secolo fa non esisteva; 40 anni fa esportò la prima Pony in Ecuador; nel 2001 la somma dell’export arrivava già a 10 milioni, raddoppiati nel 2006; la quota 30 milioni fu raggiunta nel 2009 e quella di 40 nel 2011. Una vera marcia trionfale, che nemmeno comprende le tante auto prodotte in Corea da case estere, come General Motors e Renault, per lo più per l’export.

Un paese partito da zero che ha conquistato il mondo

Il settore auto e quello tecnologico (che ha come portabandiera i colossi Samsung e Lg) spiega nel modo più riconoscibile il perché un Paese partito da zero con dieci anni di ritardo su Italia e Germania – distrutto nei primi anni ’50 dalla guerra che divise in due la penisola – sia riuscito, con un’accelerazione spettacolare negli ultimi anni, a diventare una delle più dinamiche economie del pianeta, superando il nostro Paese in molti parametri, dalla quota dell’export globale ai rating di affidabilità creditizia assegnati dalle grandi agenzie.

Una destabilizzazione senza fine

Il cosiddetto “miracolo del fiume Han” appare ora insidiato da un doppio vento di destabilizzazione: la minaccia proveniente dal Nord, che Moody’s ha definito «credit negative», e quella proveniente da Est dalla politica ultra-espansiva della Banca del Giappone che indebolisce lo yen (rilanciando la competitività del principale concorrente) e rischia di provocare effetti distorsivi sul flusso internazionale di capitali.

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