Otto Marzo: non provate a chiamarla festa!

Otto Marzo

8 Marzo: il mito dell’incendio nell’anno 1908

La notizia sarà scioccante per qualcuna, ma di certo non è nuova: alla fine degli anni Settanta, proprio in occasione nelle celebrazioni dell’otto marzo, si misero a fare delle ricerche e quasi per caso scoprirono che di quel famoso incendio non ci sono prove. Ma come? Si chiederanno tutte le rappresentanti del gentil sesso armate di mimosa, e allora la mozione con cui Clara Zetkin chiese l’istituzione della festa al Congresso Socialista del 1910? Fu pubblicata nell’agosto di quell’anno, ma non fu mai votata, e comunque nel testo non menziona mai la fatidica data.

Nel ricordo della donne di Sanpietroburgo

Forse fu colpa di un eccesso di entusiasmo all’epoca delle contestazioni femministe, fatto sta che nonostante l’enorme numero di articoli, storie, cronistorie, ricostruzioni più o meno plausibili che negli anni hanno nutrito il mito dell’incendio, prove sicure, cronache o documenti che lo confermino non ce sono. L’ipotesi più quotata resta quella che la data in questione sia stata scelta in ricordo delle centinaia di donne, che, nel 1917, si riversarono nelle strade di Sanpietroburgo chiedendo pane e pace (più o meno, mutatis mutandis, ciò per cui in tutto il mondo le donne lottano ancora oggi). Tante, e tanto agguerrite erano le massaie, operaie, contadine che protestavano che quella data rimase famosa nei libri di storia come l’inizio della Rivoluzione di Febbraio, che portò alla fine dello zarismo: 17 febbraio per il nostro calendario gregoriano, 8 marzo per quello russo.

La storia della festa dell’ 8 Marzo

Al di là della data convenzionale, in quegli anni le socialista di tutto il mondo, da Connie Brown a Rosa Luxemburg, chiedevano una giornata dedicata ai diritti delle donne: in Francia era il 18 di Febbraio, negli U.S.A il 28, la Russia mantenne l’otto di marzo come ‘Giornata dell’Operaia’. In Italia fu celebrata per la prima volta nel 1922, per volontà del Partito Comunista, e poi ufficializzata dalla neonata Repubblica Italiana nel 1946. La moglie di Togliatti, Rita Montagnani , ebbe l’idea di appuntarsi sul petto un mazzetto di mimosa, che fioriva in quel periodo in tutti i giardini di Roma: il resto è storia. Di chi sia la paternità – o la maternità, verrebbe da dire – della festa, poco importa; ciò che importa è che sia stata riconosciuta dall’ONU nel 1977 come ‘Giornata Internazionale Dei Diritti Della Donna’ per ricordare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze di cui esse sono ancora fatte oggetto in molte parti del mondo. In questo senso, c’è poco da festeggiare.

Una festa in ricordo della donne vittime di violenza

Nel nostro Paese, il numero dei femminicidi è un allarmante bollettino di guerra: 124 nell’ultimo anno, 137 l’anno precedente, un numero in costante ascesa dal 2006. I dati di cui disponiamo non sono nemmeno sicuri, ci rimprovera l’ONU , perché l’Italia ancora non dispone di un Osservatorio sul Femminicidio. Rashida Manjoo, special rapporteur della ventesima sessione del Consiglio per i Diritti Umani, ha usato parole durissime contro il governo italiano, colpevole di non investire abbastanza in politiche di prevenzione ed educazione, e di non avere una legislazione adeguata in materia. Donne uccise in quanto donne, uccise da ‘raptus’ che nella stragrande maggioranza dei casi sono in realtà ‘delitti annunciati’, commessi, nove volte su dieci, dall’uomo che divideva il loro stesso letto, ma anche dall’indifferenza, dalle denunce cadute nel vuoto: a loro Riccardo Iacona, giornalista Rai e direttore di Presa Diretta, ha dedicato un libro appena uscito, “Se questi sono uomini”, ed. Chiarelettere. La stessa Rai dedica la giornata dell’8 marzo al ricordo delle donne vittime di violenza: i principali palazzi dei Centri di Produzione a Milano, Torino, Roma e Napoli saranno illuminati da una luce rosa e da installazioni realizzate dagli scenografi dell’azienda.

Sempre più casi di femminicidio nel mondo

Se allarghiamo lo sguardo al resto del mondo, le cose non vanno decisamente meglio, anzi, ma qualcosa si muove: dalle ondate di proteste al femminile in Libia e negli altri paesi insorti del MedioOriente, ai cortei che sono nati in tutta l’India dopo il caso della studentessa ventitreenne morta in seguito allo stupro di sei uomini su un bus. Un miliardo di donne, in tutto il mondo, si sono alzate in piedi per chiedere di fermare questo stillicidio di violenze: parliamo di OneBillionRising, il movimento di massa tutto al femminile che il giorno di San Valentino ha fatto ballare tutte le piazze del mondo. Proprio in quello stesso giorno, mentre le attiviste per i diritti delle donne manifestavano a ritmo di musica, una di loro, la bella modella sudafricana Reeva Steenkhamp , in prima linea contro la violenza che lei stessa aveva subito in passato, veniva uccisa a colpi di pistola da Oscar Pistorious, il fidanzato leggenda dello sport. One Billion Rising ha avuto un tale successo nel mondo tanto da arrivare sul palco dell’Ariston (dove alcune di loro hanno ballato insieme a Luciana Littizzetto) e su quello, più prestigioso, degli Academy Awards grazie a Anne Hathaway, celebre ‘madrina’ dell’iniziativa che, ricevendo l’Oscar, ha detto commossa: “Facciamo in modo che la tragica storia di Fantine rimanga solo nei libri.” Oggi non può esistere augurio più adatto.

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