Diamo una voce a chi non ne ha: la tragica situazione dei cani e dei gatti in Cina

gatti in cina

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Non contestiamo le usanze, ma le barbarie sì: la tragica situazione di cani e gatti in Cina

Ma a questo spaventoso impeto di espansione tutto stile “western society” si oppone un ancora forte dislivello sociale, un intero strato della società cinese (e non solo il ceto più basso e povero) è ancora dedito a pratiche e usanze che poco si addicono ad una potenza mondiale così osservata dall’occhio attento del mondo mediatico. Non siamo qui a criticare le usanze di un paese in quanto tale, sono ben lungi da promuovere una globalizzazione dei costumi arbitraria e senza senso, ogni paese dovrebbe conservare i suoi tratti peculiari, almeno finché questi non siano nocivi e dannosi per persone o animali, che restano inermi vittime di usanze che oramai dovrebbero essere riconosciute come fuori dalla cultura ma solo mezzo di arricchimento crudele ed arbitrario.

Se si segue l’aggiornatissimo sito di animal equality si incontra l’indirizzo URL di Senza Voce, una campagna importantissima condotta da appunto animal equality insieme a Last Chance Animal sulla terribile situazione di cani e gatti (e altri piccoli animali come i conigli) destinati al macello per il consumo di carne.

La situazione portata alla luce è terribile e allo stesso tempo illegale; la maggior parte degli animali che giungono negli allevamenti e nei macelli sono randagi o rubati dalle famiglie sono privi di certificati di provenienza e quindi la carne è illegale anche per il mercato della Cina, dove purtroppo il consumo di questa carne non è proibito dalla legge. È stato proprio su questo punto che hanno fatto leva gli attivisti cinesi che, grazie alle immagini raccolte da animal equality, sono riusciti a provare le infrazioni di 33 rivenditori di carne e di un macello, tutti nella zona del mercato “Tre Uccelli” (Guandong), portando così le autorità a chiuderli per mancanza di rispetto delle norme bio richieste da questo tipo di esercizi. Una piccola goccia nel mare che ha però già fatto una grande differenza e che potrebbe dare inizio ad una bellissima onda di giustizia.

Dragon, Tiger e Phoenix: il piatto di carne di gatto

Le immagini raccolte sono per stomaci e occhi forti, io stessa non sono riuscita a guardarle; gli attivisti sono stati inseguiti dalle guardie, sono stati cacciati ma hanno ugualmente raccolto molto materiale visivo, provando ad esempio che la produzione non si limita alla carne di cane, come spesso era stato garantito, ma anche i gatti subiscono la stessa sorte: molte volte la carne dei piccoli animali viene usata come mangime per i più grandi. Gli allevamenti di cuccioli sono tra i peggiori; piccoli appena nati sono separati dalle madri per essere stipati in gabbie metalliche, che saranno la loro casa per il resto delle loro brevi vite, finché non raggiungeranno il peso richiesto per poter essere rivenduti ai macelli. Le madri vengono tenute in vita solo per sfruttarle e farle partorire per produrre nuova “merce”. È tra queste piccole cagnette che è stata trovata Vita: lei era una cagnetta tenuta in un allevamento durante un raid per ricercare informazioni di animal equality. Gli attivisti sono rimasti incantati dai suoi occhietti supplicanti e, creando un diversivo, sono riusciti a portarla via. Si è poi scoperto che Vita era incinta e ha dato alla luce 8 cagnetti che vivranno liberi come lei, adottati da famiglie che li amano e rispettano. Vita ora si trova in Spagna e la sua è stata per fortuna una storia a lieto fine, una storia che vorremmo sentire un po’ più spesso.

Bisogna pensare che finché l’opinione pubblica cinese crederà che mangiare carne di gatto in un piatto chiamato “Dragon, Tiger e Phoenix” aiuti a rafforzare il corpo, il governo cinese non troverà mai un buon motivo per fermare questo traffico, questo facile mezzo di guadagno per commercianti e macellai. E se mentre in occidente ci preoccupiamo dell’avvento di un futuro Made in China, con le altre economie schiacciate, dovremmo allungare il nostro sguardo e buttare un occhio lì, da dove quest’economia arriva.

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